domenica 9 marzo 2014

[175°] IL COLLAUDO DEI LAVORI - 1a puntata

Il morbo infuria e il pan ci manca. Ormai ho alzato... bandiera bianca.

Con questo ricordo romantico di quando si era giovani leoncini, spavaldi di fronte a chiunque (fuorche' alla forza di gravita'), do' inizio ad una nuova serie di puntate su:


IL COLLAUDO DEI LAVORI - 1a puntata
La visita-zero

Cominciamo a chiacchierare di collaudi? che dite?
Si', dai: era da un po' che ne avevo data anticipazione.

Chiarisco subito: niente ex-cathedra, niente ex-voto, niente scoop(s). Solo un po' di sano amarcord alla chiusura di una esperienza. La mia.

E qualche quanto di conoscenza afferrato in anni di lavoro che (forse) merita di essere scritto sulle pagine di POA. Che' magari puo' interessare a qualcuno.

Bene.

Ci sono vari modi di interpretare un incarico di collaudo:
Cio' dipende dalla preparazione e dall'indole di ognuno.

Per il sottoscritto e' sempre stato un esercizio moolto impegnativo.

Le disposizioni sul collaudo sono tipicamente italiane: dicono tutto ma alla fine non dicono nulla (o quasi).

Stando al Regolamento sui lavori pubblici il collaudatore dovrebbe:
  • controllare che il progetto sia stato eseguito (pare un ossimoro)
  • controllare che l'esecuzione sia avvenuta a regola d'arte (qua ci capiamo gia' di piu', ma non troppo)
  • controllare la bonta' della corrispondente contabilita' (il do ut des)
  • controllare l'espletamento eventuali procedure espropriative poste a carico dell'appaltatore (esistono: ho visto anche di queste)
  • controllare poche altre cosucce che sono annoverate sotto "il rispetto delle leggi di settore applicabili" (se par poco).
Sono partito da una norma sui lavori pubblici perche' il collaudo sarebbe un istituto tipico di quell'ambito, ma nulla impedisce che sia il privato (una azienda, un grande committente, una multinazionale) a chiedere il collaudo dell'opera commissionata e realizzata per se medesimo.

Fatto sta che per collaudo io ho sempre inteso una operazione di controllo, inteso non tanto come monitoraggio in progress - che invece spetta al direttore dei lavori - bensi' di verifica di una conformita' di un risultato a delle specifiche (che per carita', puo' essere anche in corso d'opera).

Su questo punto delle specifiche di partenza tornero' ampiamente nelle prossime puntate, ma direi subito che il grosso, la ciccia, sta proprio in quelle. Possono riassumersi in: progetto, contratto (d'appalto), usi, prassi, norme di prodotto.

Se il collaudatore non le conosce, e' un cadavere che cammina. Se il collaudatore non ha mai realizzato prima un esemplare di cio' che e' chiamato ora a collaudare, e' carne bruciata.

Ma andiamo avanti.

Io ho sempre avuto una feroce cusiosita' di imparare ma anche, perche' no, la necessita' di sbarcare il lunario a fine mese. Per cui un collaudo non si buttava mai.

Ma cosa fare al momento dell'incarico?

Ultimamente, dopo tante battaglie, mi comportavo piu' o meno cosi':
  1. in primis non accettare nessun incarico e non sottoscrivere nessun disciplinare;
  2. effettuare piuttosto la cosiddetta visita-zero: per conoscere il committente, per acquisire informazioni sull'appaltatore, per vedere se gli atti sono raccolti in maniera completa e diligente, per venire a preventiva conoscenza di eventuali problemi rilevanti;
  3. valutare se si ha l'esperienza per l'incarico di collaudo da svolgere, se vi si puo' eventualmente sopperire in qualche modo, o se c'e' una imperizia invincibile;
  4. elencare tutte le norme principali cui e' soggetta l'opera (leggi, regolamenti, norme volontarie di settore);
  5. prendere coscienza (senza andare in cantiere) dello stato di avanzamento dei lavori, ovvero sapere se l'opera non e' ancora iniziata;
  6. prendere coscienza dello stato degli eventuali pagamenti;
  7. prendersi una settimana di riflessione, che' tanto non c'e' fretta: mai (la fretta e' una balla inventata da chi e' in ritardo).
Solo alla fine valutavo la parcella e prendevo una decisione (rifiutare non l'ho mai considerato una vergogna, se c'erano i giusti motivi).

Ma vediamo come procedere nel dettaglio.

Fare la visita-zero per me era fondamentale perche' fare un collaudo e' come salire su un torpedone di montagna: bisogna sapere chi sono i compagni di viaggio, se sono casinisti o no, se bevono e ruttano assieme al guidatore, se lo stesso guidatore ha esperianza di guida su tornanti, se ha almeno la patente per i torpedoni.

Insomma occorre sapere se l'ambiente e' informato a criteri di prudenza, perizia e diligenza.

Fondamentale per me era sapere che tipo di testimone mi veniva passato: un testimone regolare oppure un sacchetto con un ticchettio dentro?

Per sgrezzare subito la questione lascerei un quanto di conoscenza piuttosto sudato ma di fondamentale importanza.

Secondo me e' essenziale che il collaudatore preliminarmente all'accettazione dell'incarico accerti:
  1. se il progetto da eseguire e' stato approvato dal committente e se contestualmente e' stata approvata anche la sua validazione tecnico-amministrativa (per far cio' e' sufficiente vedere che ci sia il parere di regolarita' tecnica del RUP);
  2. se l'approvazione e' corredata dal parere di regolarita' contabile (se non c'e' e' molto probabile che non ci siano neppure i soldini per la Vs. parcella).
A questo punto il collaudatore, ritiratosi in camera caritatis, dovrebbe consultare per proprio conto e senza dirlo a nessuno, alcune cosucce che per carita', non sono obbligatorie da leggere, ma neppure le mutande sono obbligatorie (eppure le mettiamo...).

Prima cosuccia: leggersi il bando di gara o la lettera di incarico e vedere se la scelta del costruttore e' coerente con la categoria dell'opera da realizzare.
Prendersi nota a parte.

Seconda cosuccia: leggersi i documenti di qualifica del costruttore, SOA, DURC, CCIAA, casellario giudiziale (il RUP ce l'ha).
Prendersi nota a parte.

Terza cosuccia: leggersi i documenti di validazione (ci si trovano cose interessanti e utili).
Prendersi nota a parte.

Sino ad ora il collaudatore e' solo un potenziale collaudatore, perche' non ha firmato alcun contratto di incarico.

Bene. Fatte le opportune valutazioni, messi in colonna i + ed i -, e' necessario tirare una somma, per accettare o meno l'incarico.

Qui non c'e' regola che tenga: ognuno e' lupus o faber di se stesso. L'agnello non puo' diventare lupo ed il lupo non puo' diventare agnello.

Se sentite che la camicia e' stretta, ancorche' bella, forse e' meglio non comprarla. Se invece vi piace il rischio, magari ponderato, allora accettate.

Molto dipende anche dal Vs. status di quel particolare momento.

Secondo il mio modo di vedere una cosa non bisognerebbe mai fare: prendere una decisione ad occhi chiusi, cioe' senza aver prima conosciuto le condizioni al contorno.

Nella mia esperienza di lavoro non sempre e' stato possibile applicare quest'ultima regola aurea. Ed ogni qual volta cio' e' accaduto ho sempre sudato le proverbiali sette camicie.

Perche' in ogni settore si trova sempre un figlio di mamma-muuu che ti da' in mano un sacchettino con un ticchettio dentro...

Alla prossima.

^   ^   ^

Vi auguro 15 giorni di proficuo lavoro, con appuntamento al prossimo post di meta' marzo, o giu' di li'.
Vs. POA

P.S.: vi ricordate le famose puntate sul processo di L'Aquila? Be', Marco mi ha a sua volta regalato due interessanti link: 1° documento web, e 2° documento web. Grazie Marco!

[ 175°] THE TECHNICAL APPROVAL OF CONSTRUCTIONS OF CIVIL ENGINEERING.
No english version for this post... sorry.

sabato 8 febbraio 2014

[174°] IL CONCETTO DI VELOCITA' ISTANTANEA

Chi volesse leggere questo post senza farsi venire mal di testa, deve farsi trovare immediatamente al binario numero nove e tre quarti.

Il post in sintesi:

- il concetto (matematico) di velocita' istantanea
  una allegoria per il (doloroso) concetto scolastico di 
  velocita' istantanea
- l'operazione matematica di passaggio al limite
  una seconda allegoria per la potente operazione 
  del Calcolo


IL CONCETTO (MATEMATICO) DI VELOCITA' ISTANTANEA
Vi siete mai trovati incasinati e col mal di testa in mezzo a colorate allucinazioni di simboli tipo: dx df dy df/dx y' f'?

Quei simboli hanno il potere spaventoso di oscurare le menti, di inghiottire in trip senza ritorno interi allievi ingegneri spavaldi, anche di peso noto notevole.

Guardo i miei vecchi appunti universitari sul tema, con paura, come ad un "libro dei morti".

(Ricordo che li ho studiati nonostante quel fastidioso bisbiglio dei muri di casa)

Ecco, senza presunzione, vorrei che questo post fosse come un mantello magico proprio per quegli allievi che si addentrano per la prima volta in questo ambiente incantato. Perche' non e' detto che riescano ad uscirne.

Ma l'eta' giovane e' dalla loro. Ed io voglio loro bene sincero.

Vediamo allora di (tra)scrivere giu' le idee senza stressare i cervelli, ma piuttosto come offrire un buon caffe'.

Io partirei dalla classica definizione di velocita' (media):

v|med = spazio percorso / tempo impiegato = s / t

Questa da' l'idea di uno spostamento sempre costante nell'unita' di tempo, per tutta la durata del movimento.

La definizione richiede alcuni ingredienti: uno spazio percorso non nullo (ma anche no), un intervallo di tempo non nullo (questo si'), una operazione elementare di divisione.

Il risultato e' dimensionale ed e' espresso in unita' di spazio su unita' di tempo: cio' significa, intanto, che uno stesso movimento puo' avere velocita' (medie) diverse, a seconda delle unita di misura usate.

Gia' questo mi ha sempre scocciato. Per dire, p-greco e' sempre p-greco: sembra esistere in qualunque aula didattica, numericamente sempre uguale a se stesso.

La velocita' (media) invece no: e' piu' evanescente. E' un numero con uno zaino sulle spalle. Se lo zaino e' Invicta, allora si presenta cosi', se invece lo zaino e' Seven, allora si presenta cola'.

Parlando di velocita' (media) bisogna sempre descriverla con le sue unita' di misura, altrimenti si arrabbia, si turba, svanisce, dissimula la sua informazione.

Insomma, gia' si capisce che occorre trattarla con assoluto rispetto perche' sia docile e sveli cio' che sa.

Forse un personaggio cosi' mutevole pone qualche dubbio sulla qualita' della sua esistenza. Forse i numeri "con lo zaino" vanno capiti meglio...

Ma adelante.

I guai per lo studente cominciano quando si cerca di calcolare la velocita' in movimenti di durata sempre piu' breve, addirittura quando lo spostamento avviene in un intervallo di tempo tendente a zero.

In questo caso, con simboli semplificati:

v|ist = lim ( s / t )  per t --> 0

In questo caso l'operazione di limite ha senso tentarla, e se il limite esiste ha pure senso assegnare questo valore "v" all'istante (t = 0).

Cio' che a mio parere non ha senso e' credere che questo valore v|ist sia ancora una velocita' della stessa natura di v|med.

Credo sia proprio questo che fa andare in corto circuito la testa degli allievi ingegneri, perche' si sforzano di ritenere il concetto di v|med applicandolo in un istante ben preciso t=0. Dimenticandosi che v|med richiede un intervallo di tempo, non un singolo istante di tempo.

Il corto circuito e' poi totale quando questa nuova torta appena sfornata viene chiamata v|ist, velocita' istantanea: ma allora e' vero che e' una velocita'!! caspita!! Me lo dicono loro, e poi ha le stesse dimensioni della velocita' (media).

A mio modo di vedere non e' cosi'.

E' vero che la velocita' istantanea ha lo stesso zaino della velocita' media, ma e' l'apoteosi della finzione. Si camuffa da velocita', perche' ha rubato lo zaino dalla sua amica velocita' media, ma il suo volto e' orribile, e' quello di un mostro: si camuffa da velocita' ma il suo intervallo di tempo che tiene a denominatore e' rigorosamente uguale a zero.

Ho fin paura di scatenare la tempesta perfetta scrivendolo. Rischio: ha rubato lo zaino alla buona velocita' media ma dentro vi ha messo un terribile (0/0).

Come e' stato possibile? e come e' stato possibile che nessuna sirena matematica si sia messa a suonare l'allarme "division by zero!" "division by zero!" "division by zero!"?

A mio modo di vedere il merito e' di un certo Mr. Leibniz che ha giusto inventato quelle lunghissime pinze che pur senza vederlo, riescono a catturare il rapporto (0/0) e a calcolarne di volta in volta (se esiste) il valore.

(0/0) e' una divisione terribile, appena scritta gia' si dimena, si torce, si trasforma quasi come un licantropo, un mutaforma, un alieno, una cosa, un terminator, urla, grida, sghignazza, digrigna, ulula.

Puo' darsi che ad un certo punto collassi: ed allora si placa assumendo un qualche valore. Oppure se ne scappi via, quasi vergognandosi dell'orrido suo aspetto, ed allora la si vede sparire all'infinito.

Solo le pinze di Leibniz ci consentono di torcere per il collo la bestia (0/0), di vederla mutare e trasformarsi in un qualche numero mite, oppure di inseguirla nel suo lontano scomparire, senza pericolo di ferirci.

Queste pinze sono ovviamente il "limite", l'operazione matematica di limite: a mio modo di vedere la prima vera (e assolutamente) nuova operazione matematica apparsa sotto il sole dalla scoperta delle operazioni + - x /.

Quindi non si deve vergognare alcuno se non ha chiaro questo concetto di velocita' istantanea: perche' non e' una velocita', anche se ci assomiglia, anche se ha lo stesso zaino.

Quando il tempo stava per collassare al valore 0, si aveva

v = 0/0

Noi a questo punto abbiamo catturato - un attimo prima del suo collasso - la bestia (0/0) con le pinze di Leibniz e l'abbiamo tenuta stretta sino a che e' collassata su di un valore "v".

Ma in questa lotta furibonda che ha portato la bestia al collasso, abbiamo investito e perso molto: abbiamo perso la realta' fisica, non siamo piu' nel mondo fisico reale, bensi' nel mondo dei concetti matematici.

A questo punto possiamo anche chiamarla col nome di velocita' (istantanea), ma tutto e' fuorche' una velocita' reale.

Avremmo potuto chiamarla Zoe, Maria, cicuta, piantumperla rutilosa. Ormai la bestia era collassata per sempre uscendo da questo mondo.

Ma la storia non finisce qui. Perche' per nostra fortuna Mr. Leibniz era un gigante, anzi, un Gigante, e le sue pinze nella lotta furibonda con la bestia, ci hanno si' scaraventati in un mondo diverso, ma in un mondo dove tutto e' pan di zucchero.

Dove le stelle sono di glassa, la pioggia e' di gocce di cioccolata, i fiumi sono di crema.

Un tal mio amico direbbe: un mondo dove la mona e' ovunque.

E perche' tutto sto benedetto ottimismo? Ma perche' la bestia (0/0) nel suo morire e' andata a collassare in quel che null'altro e' che un quasi-differenziale dello spostamento, e cioe':

v|ist = ds / dt 

Nei due mondi, quello reale e quello matematico, almeno per noi ingegneri, il tempo e' sempre la stessa medesima grandezza. Ma correre lungo una traiettoria reale torta e ritorta non e' la stessa cosa che correre su di un binario rettilineo del mondo matematico.

Questo binario rettilineo e' appunto il differenziale dello spostamento:

ds

Il mondo matematico con la sua magia buona ci rassicura dicendoci che invece di correre per strade tortuose, arriviamo alla stessa meta anche correndo piu' semplicemente su binari rettilinei, chiamati differenziali, solo che questi si conoscano e si sappiamo trovare.

Ma per trovare "ds" basta fare:

v|ist * dt = ds

e voila', il binario e' bello che trovato.

La bestia si e' trasformata in pan di spagna, la strada curva in binario diritto, e questo nuovo oggetto chiamato (sfortunatamente) velocita' istantanea e' la nuova creatura che unendosi al tempo da' vita al differenziale: il grimaldello per il mondo reale, di ritorno dal mondo matematico.

df... il differenziale.

Ma questa e' un'altra storia.


L'OPERAZIONE MATEMATICA DI PASSAGGIO AL LIMITE
Trovo che nello studio come in tutte le cose della vita, una buona metafora, una buona allegoria puo' aiutare a capire qualcosa di piu'.

Ed il limite non sfugge a questa regola.

Su, andate ad un poligono di tiro e all'arrivo prendete il posto assegnatovi.

Solo che tra voi ed il bersaglio c'e' un telo nero, teso.

In mezzo al telo nero una fenditura, che pero' non lascia vedere nulla oltre.

Vi dicono che dopo che avete sparato col vs. fucile, e se avete colpito il bersaglio, sentirete un urlo.

Tranquilli, l'urlo e' solo registrato ma lo sentirete solo nel caso abbiate colpito il bersaglio.

Prendete allora la mira piu' che altro ad intuito, sfruttando le simmetrie della scena, immaginando dove ragionevolmente puo' trovarsi il bersaglio da colpire.

Fate fuoco. Il proiettile entra nella fenditura. La oltrepassa.

Sentite l'urlo.

Ecco, per POA il passaggio al limite e' come questo centro: sapete solo che lo avete fatto, ma non lo toccherete mai.

^   ^   ^

Direi che il post e' terminato, anche per chi stesse ancora cercando il capostazione.

Sperando di non aver rovinato a nessuno la pausa-caffe', vi auguro 15 giorni di proficuo lavoro, con appuntamento al prossimo post di (circa) meta' febbraio.
Vs. POA

[ 174°] THE MATHEMATICAL DEFINITION OF THE INSTANTANEUS VELOCITY.
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domenica 19 gennaio 2014

[173°] FEAPpv: FINITE ELEMENT ASSEMBLER PROGRAM / PERSONAL VERSION - 1a puntata

Non vado soggetto a mal di testa. Pero' quando mi ci metto riesco a crearne di favolosi. (Anche agli altri.)

Via immediatamente al post monotematico di questo umidissimo gennaio:


APPLICARE IL F.E.M. MEDIANTE IL SOFTWARE FEAPpv - 1a puntata

Mi ripromettevo nel post 132 di installare FEAPpv nel mio pc (si trova sotto la linguetta 2011).

Correva l'anno 2011, novembre 2011, il cinque.

Ci sono voluti oltre due anni perche' mi alzassi una mattina con l'intuizione giusta, la luna giusta, il mouse giusto e lo facessi. E tutto liscio al primo click.

O quasi, se mi scontate quel margine ingegneristico d'errore che non si elimina mai.

Se siete seduti con in mano il caffe' del mattino, vi racconto questa storia (in progress) con l'impegno di non farvi venire il mal di testa: che' sarebbe un delitto. Quello l'ho fatto gia' venire a me che basta.

Molti di voi poi lo conosceranno meglio di me. Ma per chi ha il piacere di sentire una nuova storia sul F.E.M., ecco qua.

FEAP sta per Finite Element Assembler Program e a quanto si capisce e' stato scritto principalmente dal Prof. R. L. Taylor. Si' proprio lui, quello di The Finite Element Method, scritto a sei mani con quell'altro mito, il Prof. Zienkiewicz e con il Signor Zhu.

La prima versione del FEAP risale al 1970, l'ultima - la 8.4 - e' del dicembre 2013. Per quanto ne so il programma e' a pagamento.

Di carino e' che il Prof. Taylor mette a disposizione una versione ridotta del software, il FEAPpv, che descrive cosi' (le parole sono le sue): "FEAPpv is a general purpose finite element analysis program which is designed for research and educational use".

FEAPpv - personal version - sembra fatto apposta per le Premiate Officine.

Detto, fatto.

Mi ci e' voluto tutto questo tempo, sapete, soprattutto perche' lavorando con un sistema operativo Linux (cugino stretto di Unix) alquanto obsoleto, non era proprio come bere un caffe' il procurarsi tutto l'occorrente. Specie, capirete, se uno si ostina a lavorare con 256 MByte di ram. (Avete capito giusto mega, non giga.)

Assicuro comunque che ora l'accrocco gira a dovere e questi sono gli ingredienti principali: anzitutto mi sono procurato un vecchio portatile ma stavolta con 2 Gbyte di ram.

Quindi ho dato un calcio in culo a Windows Vista relegandolo ad un improbabile dual boot. Al suo posto ho installato Open SuSE Linux 13.1 a 32 bit.

Di seguito ho installato un compilatore per il linguaggio Fortran, lo gnu-GCC 4.8.2; quindi ho scaricato l'archivio zippato di FEAPpv con tutto l'ambaradam dentro.

Scompattato, porconato, modificato, compilato e voila': il programma gira che e' una meraviglia.

Adesso si comincia a sperimentare, con i vecchi appunti e libri alla mano, sul F.E.M. appunto.

Due osservazioni: 1) credo si possa agevolmente installarlo anche su Windows, anche se nemmeno ci penso; 2) conviene comunque scaricarsi i manuali del FEAP, considerato che sono di libero accesso.

Una persona normale avrebbe iniziato dagli esempi che si trovano nell'Example Manual. Ma per quelli c'e' sempre tempo.

Volevo invece mettermi subito all'opera con quello che ricordavo di teoria (non usavo il F.E.M. dal 1990).

I risvolti tecnico-professionali dell'impresa sono tutt'altro che banali: la tecnologia F.E.M. puo' rivelarsi la morte civile anche per i progettisti senior.

Cosi' ho pensato che conveniva aprire la scatola iniziando con una semplicissima trave appoggiata con un carico concentrato in mezzeria, e vedere come si comportavano due elementi di libreria:

1) un classico elemento che ai miei tempi si chiamava "beam" e che qui vedo si chiama FRAMe: un elemento a due nodi con 3+3 d.o.f. che semplicemente trasferisce N, M e T;

2) un piu' oscuro elemento "solid" condensato su due dimensioni per simulare lo stato piano di tensione della trave di De Saint Venant: ai miei tempi forse questo era il "brick", ma qui si chiama SOLId e nel mio esempio e' un elemento a 4 nodi con 3 d.o.f. per nodo (2 spostamenti e una rotazione); e forse piu' avanti il Prof. Taylor mi dira' che tipo di funzioni di forma usa.

La semplice trave simula una qualche struttura che potrebbe stare sopra ad una forometria. Queste le sue caratteristiche: lunghezza = 250 cm, sezione 30 cm x 30 cm, E = 320000 Kgf/cmq.

La forza vale F = 100 Kgf in mezzeria di campata, all'estradosso.

La soluzione classica della Scienza delle Costruzioni da' per questa trave: freccia in mezzeria di campata = 1.507041 E-03 cm, Mmax = 6.25 E03 Kgf cm, max tensione di trazione = +1.3889 Kgf / cmq, max. tensione di compressione =  -1.3889 Kgf / cmq.

I due esercizi di POA per ora hanno l'obiettivo solamente di far girare FEAPpv con qualche istruzione non banale.

Per questo motivo nel caso di trave di De Saint Venant ho impiegato ben 50 elementi FRAMe, dove probabilmente ne bastavano 2.

Mentre nel modello a lastra in stato piano di tensione dapprima ho prima impiegato 10 elementi SOLId e quindi - in una successiva meshatura - ben 150 elementi SOLId. (La prossima puntata ne vedremo il motivo.)

Questi sono i file di input:

- input per trave a 50 elementi FRAMe
- input per trave a 10 elementi SOLId
- input per trave a 150 elementi SOLId

e analogamente di seguito sono le stampe di analisi opportunamente modificate con le immagini fornite a parte dal programma (tra l'altro questa potrebbe essere una idea artigianale per rendere piu' leggibili i listati vomitati dai vari software commerciali):

- output per trave a 50 elementi FRAMe
- output per trave a 10 elementi SOLId
- output per trave a 150 elementi SOLId

Tutto salvo errori ed omissioni, obviously.

Ho osservato:
  • nel caso del FRAMe i vincoli possono essere ridotti ai soli due d.o.f. verticali: il programma supera ogni labilita' della matrice globale di rigidezza, evidentemente eliminando righe e colonne nulle;
  • sempre nel caso dei FRAMe, mi e' piaciuto inserire ugualmente un vincolo sul d.o.f. orizzontale del nodo di mezzeria per avere una soluzione simmetrica, eliminando i moti rigidi della soluzione fornita da FEAPpv;
  •  le stesse precedenti osservazioni valgono negli esempi con gli elementi SOLId;
  • ho notato che mai nessun professionista interviene sui listati di output dei programmi per renderli piu' leggibili: prudenza? paura?? ignoranza???
Direi che per questa prima puntata sul FEAPpv puo' bastare.

Non mi resta che lavare la tazzina di caffe', augurarvi 15 giorni di proficuo lavoro e darvi appuntamento al prossimo post di inizio febbraio.
Vs. POA

[ 173°] FEAP: FINITE ELEMENT ASSEMBLER PROGRAM - 1st part.
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domenica 22 dicembre 2013

[172°] URBI ET ORBI ANTISISMICO

L'Incipit

NATALE 2013
Per fortuna sono ancora molte le persone con cui vale la pena scambiare delle opinioni.

Lo dico perche' veramente ci si rende conto che ormai quasi tutte le parole, scritte o parlate, hanno smarrito il loro significato e si sono caricate di una dose di rumore tale che lo stesso loro significato - E' - il rumore.

Chissa', io credo ancora di essere abbastanza sano di mente, ma ormai vedo che sto combattendo contro una depressione montante.

Mi piace vedere il mondo per metafore, ed ora e' come se stessi lavorando su una sorta di... pack, un pack artico, che mi si sta sgretolando via via sotto ai piedi.

Ho voglia io di curare, di mettere in ordine, di aggiustare le cose sulla mia lastra di pack: ma questa mi si sta sgretolando in sempre piu' piccoli frammenti, rendendo inutile ogni mio investimento d'energia.

Toni da tragedia!

Eppure mi par proprio cosi'. E mi son stancato. Di un bel po' di cose...

Tengo duro ma c'e' bisogno di ricaricare le pile. Anche (giustamente) per vedere dove si va a parare.

Questo allora e' il mio obiettivo per il 2014, che ovviamente mi piace condividere qui con i lettori delle Premiate: ridurre le attivita' professionali al minimo di sopravvivenza e ri-dedicare tutto il tempo che se ne libera ai piaceri (oraziani) del vivere.

Per la mia professione questo vuol dire anzitutto:
  • dismettere ad esempio ogni attivita' di collaudo, sia  tecnico amministrativo che statico;
  • riprendere in mano i vecchi studi universitari per vedere finalmente cosa si e' capito, cosa non si e' capito, cosa merita di capire;
  • potare rami secchi: cose che richiedono tanta energia ma che non danno in cambio un solo quanto di conoscenza in piu' (esempio? ma, vi pare che rincorrere cosi' tanto le normative abbia ancora molto senso?).
I grandi capannoni delle Premiate Officine sono ormai vuoti che' tutti sono spariti per le feste.

Il perche' di questo post?

Be', in quest'opera di dismissione m'e' venuto in mente che con l'anno nuovo avrei potuto condividere con i lettori del blog una serie di (mini) puntate su di un un argomento che richiede appunto (a me) una lunga pausa di riflessione: (titolo provvisorio) "i compiti del collaudatore".

E' un'idea per condividere, con chi vorra', i ricordi di una mia esperienza durata dodici anni e che ora vorrei terminasse. Appunto.

Vediamo cosa riesco a metter giu', senza grandi pretese, ma con la consueta divertita serieta' di POA.

Io terminerei qui questo post natalizio. Sinceramente qui alle Officine non abbiamo Misericordina da distribuire. A dire il vero avremmo terminato anche la Speranzina e la Pazientina, a vedere come girano le cose.

Vediamo... be' potrei lasciarvi un po' di statistiche di POA. Sono facili da leggere e almeno quelle, mi danno soddisfazione.

Partono non dalla nascita del blog (luglio 2007) ma dal suo trasferimento sulla piattaforma Blogspot di Google (novembre 2011).

Vi auguro un lieto periodo festivo con chi amate di piu', ma sempre con PGA=0.
Vs. POA

P.S.: un abbraccio speciale a Marco prezioso collaboratore, ed un grazie a Giorgio per le  bellissime foto. Come poi non ricordare con piacere RiBoz il commentatore mutante? E grazie ed arrivederci a tutti gli ospiti del 2013.


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[ 172°] URBI ET ORBI WITH PGA=0
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