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sabato 26 aprile 2014

[176°] IL COLLAUDO DEI LAVORI - 2a puntata

Mamma mia: due mesi di assenza! E se fossi morto?!
Non un pensiero. Non un fiore. Solo Giuliano, che mi ha scritto un'email per farmi riprendere. Non che tenesse particolarmente a me. Solo gli serviva la seconda puntata sul collaudo. Per il resto potevo schiattare.
Giuli: ciapa 'sta seconda puntada, ma va anca in mona.


IL COLLAUDO DEI LAVORI - 2a puntata
Il cantiere al guinzaglio con schedone e calendario

Continuiamo la chiacchierata?

Ma prima le regole che mi sono dato la scorsa volta: niente ex-cathedra, niente ex-voto, niente scoop(s). Solo un sano amarcord.

Bene.

Parlare di collaudi, a mio modo di vedere, obbliga ad entrare in questioni non solo tecniche, ma anche progettuali, piuttosto che organizzative, piuttosto che amministrative.

Il che e' come dire: guarda collaudatore che devi tenere sott'occhio una marea di carte... oltre al cantiere... oltre alle opere.

Trascurare anche uno solo di questi aspetti, magari perche' ci e' poco congeniale, non solo vuol dire svolgere parzialmente il collaudo, ma anche rischiare di cacciarsi nei guai.

Cio' perche' nel sistema italiano, in realta', si collauda "un contratto" o meglio, l'esecuzione di un contratto (d'appalto): e cio' implica il dover "girare" parecchie carte ancor prima di cercare dove s'e' lasciato l'ultima volta lo sclerometro.

In queste puntate non avrei intenzione di seguire un ordine canonico nel dire le cose, quanto piuttosto il cuore, ed era appunto il cuore che mi si fermava quando vedevo una cosa fondamentale da controllare - il cantiere - fuggirmi via come una lepre.

Parlo ovviamente della gestione del cantiere che e' cosa diversa dal controllare la qualita' delle opere e la loro corrispondenza al progetto, argomento questo di prossime puntate.

Ed un po' perche' il committente ti nomina in corso d'opera... avanzata, ed un po' perche' le cose raramente seguono uno sviluppo ordinato, nel tempo mi ero fatto l'idea che riuscire a seguire un cantiere a colpo d'occhio fosse una delle cose piu' auspicabili.

Come dire: occorreva escogitare una "prova del nove" per controllare l'andamento di una "cosa" piu' grande di me.

Per questo motivo mi ero attrezzato nel tempo con due banalissimi strumenti che devo dire, a scapito della loro disarmante semplicita', mi hanno reso un servigio non da poco.

Il primo era il calendario di cantiere, realizzabile da chiunque con qualsiasi foglio di calcolo; il secondo, che io chiamo schedone, altro non era che il riassunto sopra un gran foglione di tutte le cose riguardanti l'andamento di cantiere, ovviamente nell'ottica del collaudatore.

Vi lascio un esempio di schedone ed un esempio di calendario di cantiere, opportunamente accecati per questione di privacy. Ognuno se li puo' creare ed organizzare come meglio crede: e' il principio che conta.

Questi due strumenti, prima che smettessi, li usavo assieme e devo dire con soddisfazione.

Con la loro sintesi concentrata in un colpo d'occhio mi permettevano di prevedere le mosse dell'appaltatore: se fosse stato in grado o meno di rispettare il cronoprogramma, se una tal sospensione gli avrebbe dato diritto ad un S.A.L. anticipato,  se la presenza di un subappaltatore fosse legittima e cosa importantissima, se avessi ancora la copertura delle garanzie finanziarie.

Ultimamente passavo veramente molto tempo su questi due prospetti, soprattutto sul calendario, verificandolo con i caposaldi (le mailstones del Gantt) del cronoprogramma di progetto.

Nel caso che qui ho allegato, ad esempio, e' evidente la consistenza  della prima sospensione ed altrettanto evidente e' che si stava andando verso una legittima richiesta di pagamento di S.A.L. per rata inferiore al minimo contrattuale.

Come poi cosi' e' stato.

Bene, non e' affatto trascurabile per un collaudatore potersi attrezzare fin da subito per un tale evento: basta ricordare che fino a poco tempo fa il collaudatore era tenuto qui nel Veneto ad acclarare i singoli S.A.L. (se soggetti a contributo regionale).

Cio' poteva fare la differenza anche per la scelta del momento giusto per una visita.

Oltre a cio' va detto che una percezione visiva delle cose, nel senso letterale del termine, secondo me e' impagabile.

Ad esempio una data di ultimazione dei lavori che sospensione dopo sospensione vada a cadere in agosto e' a mio modo di vedere, il campanello d'allarme per dire che difficilmente il committente potra' avere la disponibilita' delle opere nel tempo pattuito, perche', che si voglia o meno, i grandi appaltatori ma anche molti piccoli artigiani, col cavolo che lavorano in agosto. Con i fornitori chiusi.

E questo si capisce meglio solo con un calendario davanti.

Pure mi e' stato utile quello che ho chiamato "schedone". Un riepilogo-dati in progress. Se avessi continuato in questa attivita' probabilmente avrei finito con l'allegarlo al verbale di campagna che ero solito far sottoscrivere ai presenti durante le visite in corso d'opera.

Sarebbe stato una specie di istantanea del cantiere a quel momento: non sarebbe piu' occorso scrivere una montagna di notizie, ma tutto sarebbe stato a portata di mano in pochi semplici schemini riassuntivi.

To', un amarcord: il verbale di campagna era un unico foglio (prediligevo l'uso bollo) che tiravo fuori dalla borsa a fine visita, solo per scrivere a mano non piu' di una/due cose importanti e che facevo firmare a tutti i presenti. Questo, assieme a qualche foto-ricordo fatta col telefonino mi consentiva a casa ed in tutta tranquillita' di stendere il verbale ufficiale.

(Faccio notare che mentre per il direttore dei lavori e' disponibile una montagna di documenti di controllo - c'e' qualche Vecchio che si ricorda del Manuale del D.L.? - nulla mi risulta sia stato pensato per il collaudatore: eppure anche lui figura in corso d'opera.)

Oltre a tutto cio', per un collaudatore come per qualsiasi altro professionista tecnico, non dovrebbe mai mancare la curiosita'.

Oggi ci sono dei bellissimi strumenti 'gis' che consentono con due click di ottenere una montagna di informazioni.

E' facilissimo geo-localizzare un cantiere: vedere i vincoli che va a toccare, se cade in qualche area di rispetto, in quale comune si trova, da quali strade e' servito, che geologia del territorio presenta. E chi piu' ne ha piu' ne metta.

Pure e' molto utile fare un giro anche fuori dallo steccato di cantiere: vedere che paesaggio c'e', se siamo in piano o in acclivio, se siamo in centro abitato o no. Vedere se in giro ci sono lupi o agnelli.

Ma perche'? vi chiederete.

Forse non c'e' un perche'. Tutto dipende dall'indole di ognuno. Una cosa e' certa: piu' informazioni si hanno e maggiore e' la probabilita' di evitare guai o se capitano, di minimizzare le perdite.

Del resto mi pare sia fuor di dubbio che un cantiere sia un punto di accumulazione di rotture di balle.

Come pure non c'e' nulla di piu' appagante che completare un collaudo cum laude et benedictione.

E vi lascio con un compitino per casa: siete gia' a conoscenza di cosa dice il Codice Civile a proposito dell'appalto? (articoli 1655-1677) E sul professionista autonomo? (articoli 2222-2228) E sui fatti illeciti? (articoli 2049, 2053, 2055-2059) E sulla fidejussione? (articoli 1944-1957)

Sono tutti da tener presente anche se l'appalto e' pubblico: o perche' un "terzo" si trova sempre, oppure per esplicito richiamo della norma, come nel caso dell'articolo 1667 sui vizi occulti.


^ ^ ^
 
Bene, caffe' in corso d'opera terminato.
 
Sperando che lavoro e rotture varie di pelotas mi lascino un po' tranquillo, vorrei sbilanciarmi e promettere qualche post di cultura sismica varia, per poi riprendere la chiacchierata sul collaudo.

Contando di rivedervi, obviously.
Vs. POA

1a puntata: IL COLLAUDO DEI LAVORI - La visita zero


[ 176°] THE TECHNICAL APPROVAL OF CONSTRUCTIONS OF CIVIL ENGINEERING - 2nd part.
Planning instruments for the construction yards.
No english version for this post... sorry.

domenica 9 marzo 2014

[175°] IL COLLAUDO DEI LAVORI - 1a puntata

Il morbo infuria e il pan ci manca. Ormai ho alzato... bandiera bianca.

Con questo ricordo romantico di quando si era giovani leoncini, spavaldi di fronte a chiunque (fuorche' alla forza di gravita'), do' inizio ad una nuova serie di puntate su:


IL COLLAUDO DEI LAVORI - 1a puntata
La visita-zero

Cominciamo a chiacchierare di collaudi? che dite?
Si', dai: era da un po' che ne avevo data anticipazione.

Chiarisco subito: niente ex-cathedra, niente ex-voto, niente scoop(s). Solo un po' di sano amarcord alla chiusura di una esperienza. La mia.

E qualche quanto di conoscenza afferrato in anni di lavoro che (forse) merita di essere scritto sulle pagine di POA. Che' magari puo' interessare a qualcuno.

Bene.

Ci sono vari modi di interpretare un incarico di collaudo:
Cio' dipende dalla preparazione e dall'indole di ognuno.

Per il sottoscritto e' sempre stato un esercizio moolto impegnativo.

Le disposizioni sul collaudo sono tipicamente italiane: dicono tutto ma alla fine non dicono nulla (o quasi).

Stando al Regolamento sui lavori pubblici il collaudatore dovrebbe:
  • controllare che il progetto sia stato eseguito (pare un ossimoro)
  • controllare che l'esecuzione sia avvenuta a regola d'arte (qua ci capiamo gia' di piu', ma non troppo)
  • controllare la bonta' della corrispondente contabilita' (il do ut des)
  • controllare l'espletamento eventuali procedure espropriative poste a carico dell'appaltatore (esistono: ho visto anche di queste)
  • controllare poche altre cosucce che sono annoverate sotto "il rispetto delle leggi di settore applicabili" (se par poco).
Sono partito da una norma sui lavori pubblici perche' il collaudo sarebbe un istituto tipico di quell'ambito, ma nulla impedisce che sia il privato (una azienda, un grande committente, una multinazionale) a chiedere il collaudo dell'opera commissionata e realizzata per se medesimo.

Fatto sta che per collaudo io ho sempre inteso una operazione di controllo, inteso non tanto come monitoraggio in progress - che invece spetta al direttore dei lavori - bensi' di verifica di una conformita' di un risultato a delle specifiche (che per carita', puo' essere anche in corso d'opera).

Su questo punto delle specifiche di partenza tornero' ampiamente nelle prossime puntate, ma direi subito che il grosso, la ciccia, sta proprio in quelle. Possono riassumersi in: progetto, contratto (d'appalto), usi, prassi, norme di prodotto.

Se il collaudatore non le conosce, e' un cadavere che cammina. Se il collaudatore non ha mai realizzato prima un esemplare di cio' che e' chiamato ora a collaudare, e' carne bruciata.

Ma andiamo avanti.

Io ho sempre avuto una feroce cusiosita' di imparare ma anche, perche' no, la necessita' di sbarcare il lunario a fine mese. Per cui un collaudo non si buttava mai.

Ma cosa fare al momento dell'incarico?

Ultimamente, dopo tante battaglie, mi comportavo piu' o meno cosi':
  1. in primis non accettare nessun incarico e non sottoscrivere nessun disciplinare;
  2. effettuare piuttosto la cosiddetta visita-zero: per conoscere il committente, per acquisire informazioni sull'appaltatore, per vedere se gli atti sono raccolti in maniera completa e diligente, per venire a preventiva conoscenza di eventuali problemi rilevanti;
  3. valutare se si ha l'esperienza per l'incarico di collaudo da svolgere, se vi si puo' eventualmente sopperire in qualche modo, o se c'e' una imperizia invincibile;
  4. elencare tutte le norme principali cui e' soggetta l'opera (leggi, regolamenti, norme volontarie di settore);
  5. prendere coscienza (senza andare in cantiere) dello stato di avanzamento dei lavori, ovvero sapere se l'opera non e' ancora iniziata;
  6. prendere coscienza dello stato degli eventuali pagamenti;
  7. prendersi una settimana di riflessione, che' tanto non c'e' fretta: mai (la fretta e' una balla inventata da chi e' in ritardo).
Solo alla fine valutavo la parcella e prendevo una decisione (rifiutare non l'ho mai considerato una vergogna, se c'erano i giusti motivi).

Ma vediamo come procedere nel dettaglio.

Fare la visita-zero per me era fondamentale perche' fare un collaudo e' come salire su un torpedone di montagna: bisogna sapere chi sono i compagni di viaggio, se sono casinisti o no, se bevono e ruttano assieme al guidatore, se lo stesso guidatore ha esperianza di guida su tornanti, se ha almeno la patente per i torpedoni.

Insomma occorre sapere se l'ambiente e' informato a criteri di prudenza, perizia e diligenza.

Fondamentale per me era sapere che tipo di testimone mi veniva passato: un testimone regolare oppure un sacchetto con un ticchettio dentro?

Per sgrezzare subito la questione lascerei un quanto di conoscenza piuttosto sudato ma di fondamentale importanza.

Secondo me e' essenziale che il collaudatore preliminarmente all'accettazione dell'incarico accerti:
  1. se il progetto da eseguire e' stato approvato dal committente e se contestualmente e' stata approvata anche la sua validazione tecnico-amministrativa (per far cio' e' sufficiente vedere che ci sia il parere di regolarita' tecnica del RUP);
  2. se l'approvazione e' corredata dal parere di regolarita' contabile (se non c'e' e' molto probabile che non ci siano neppure i soldini per la Vs. parcella).
A questo punto il collaudatore, ritiratosi in camera caritatis, dovrebbe consultare per proprio conto e senza dirlo a nessuno, alcune cosucce che per carita', non sono obbligatorie da leggere, ma neppure le mutande sono obbligatorie (eppure le mettiamo...).

Prima cosuccia: leggersi il bando di gara o la lettera di incarico e vedere se la scelta del costruttore e' coerente con la categoria dell'opera da realizzare.
Prendersi nota a parte.

Seconda cosuccia: leggersi i documenti di qualifica del costruttore, SOA, DURC, CCIAA, casellario giudiziale (il RUP ce l'ha).
Prendersi nota a parte.

Terza cosuccia: leggersi i documenti di validazione (ci si trovano cose interessanti e utili).
Prendersi nota a parte.

Sino ad ora il collaudatore e' solo un potenziale collaudatore, perche' non ha firmato alcun contratto di incarico.

Bene. Fatte le opportune valutazioni, messi in colonna i + ed i -, e' necessario tirare una somma, per accettare o meno l'incarico.

Qui non c'e' regola che tenga: ognuno e' lupus o faber di se stesso. L'agnello non puo' diventare lupo ed il lupo non puo' diventare agnello.

Se sentite che la camicia e' stretta, ancorche' bella, forse e' meglio non comprarla. Se invece vi piace il rischio, magari ponderato, allora accettate.

Molto dipende anche dal Vs. status di quel particolare momento.

Secondo il mio modo di vedere una cosa non bisognerebbe mai fare: prendere una decisione ad occhi chiusi, cioe' senza aver prima conosciuto le condizioni al contorno.

Nella mia esperienza di lavoro non sempre e' stato possibile applicare quest'ultima regola aurea. Ed ogni qual volta cio' e' accaduto ho sempre sudato le proverbiali sette camicie.

Perche' in ogni settore si trova sempre un figlio di mamma-muuu che ti da' in mano un sacchettino con un ticchettio dentro...

Alla prossima.

^   ^   ^

Vi auguro 15 giorni di proficuo lavoro, con appuntamento al prossimo post di meta' marzo, o giu' di li'.
Vs. POA

P.S.: vi ricordate le famose puntate sul processo di L'Aquila? Be', Marco mi ha a sua volta regalato due interessanti link: 1° documento web, e 2° documento web. Grazie Marco!

[ 175°] THE TECHNICAL APPROVAL OF CONSTRUCTIONS OF CIVIL ENGINEERING.
No english version for this post... sorry.

domenica 19 febbraio 2012

[138°] I TRE LIVELLI DI PROGETTAZIONE DI UN'OPERA PUBBLICA

In quest'epoca di predicatori mediatici di enorme successo (cosi' mi raccontano) non so se faccio bene a tenere ancora aperto questo blog.

Via subito agli argomenti del post:

- i tre livelli di progetto che confondono il professionista
un possibile approccio per risolvere il rischio confusione nei tre livelli di progetto (preliminare, definitivo, esecutivo) di un'opera pubblica
- POA ed il magico Alverman
vernissage alle Premiate per un ciclo di puntate sugli spettri di risposta 


I TRE LIVELLI DI PROGETTO CHE CONFONDONO IL PROFESSIONISTA
Questo lungo inchino ai molti compiti del direttore dei lavori mi suggerisce di rimanere ancora un po' in sorvolo sul (nuovo) Regolamento del Codice dei contratti pubblici.

Di recente infatti ho dovuto riprenderne in mano tutto l'articolato riguardante la progettazione di un'opera pubblica (dall'articolo 14 all'articolo 59).

Ed erano anni che non lo facevo piu', disgustato da questo andazzo tutt'altro che morto, di cambiare le leggi fondamentali a seconda di come tira il vento.

Ma vediamo.

L'argomento 'progettazione' coinvolge qui sia il progettista libero professionista, sia il progettista pubblico dipendente.

Le conclusioni non cambiano neppure nel caso in cui il progettista sia il responsabile generale di progetto, ovvero nel caso abbia solo una responsabilita' specialistica nella filiera (progettista delle strutture, progettista degli impianti elettrici, o fate voi).

La vexata questio e' presto detta: per le opere pubbliche ci sono ben tre livelli di progettazione, generalmente sempre presenti. 

Ebbene: cosa deve produrre il progettista in ciascun livello? 

Con quale sapiente alchimia vi deve suddividere la sua applicazione intellettuale?

Permettetemi come esempio di calarmi nel ruolo di progettista di strutture, che forse e' quello che conosco meno male. 

E' dal 1994 che assistiamo a questa tripartizione:

progetto preliminare, con le indagini di prima approssimazione e con gli studi di prima approssimazione;
progetto definitivo, con le indagini e con gli studi specifici, con i calcoli preliminari delle strutture;
progetto esecutivo, con le indagini e gli studi puntuali e con i calcoli esecutivi.

Mi pare di sentire - come se fosse ancora con noi - Il Turrini su questo tema: "Calcoli preliminari? Definitivi? Ma cosa volete progettare su tre livelli?! Quando avete deciso la struttura, scelto il modello, calcolato gli sforzi interni, ma cos'altro volete fare? Fa presto ad arrivare la fine mese".

Parole sante.

Ma la prassi era ormai una giostra che girava, ed a ogni giro il progettista svelava un po' di piu' la sua creatura, ma sempre partendo dalla 'a' per arrivare di nuovo alla 'z'. Ed ogni volta... dall'inizio sino alla fine.

Tra gli effetti negativi di questo andazzo, oltre ai costi esorbitanti, si era venuto a formare il convincimento che si potesse sviluppare il proprio livello rinviando a quello successivo tutta e sola la responsabilita' professionale.

Mi spiego meglio.

- Caso del progettista pubblico dipendente
Questi era invogliato ad arrivare sino alla progettazione definitiva, lasciando poi tutte le incombenze di quella esecutiva a qualcun altro, con la convinzione che se tutto fosse crollato, la colpa non era che del professionista venuto dopo. Appunto in ossequio al principio di riprogettazione totale ad ogni livello.

- Caso del progettista libero professionista
Questi era a suo volta invogliato a lasciare ogni responsabilita' all'impresa costruttrice mediante stratagemmi decisamente da neolaureati: quali mantenere (illegittimamente) nel capitolato speciale la progettazione dei cementi armati in capo al costruttore, salvo nei casi contrattualmente piu' evoluti (sob!) inventarsi degli ulteriori livelli di verifica strutturale, ma sempre in accollo al costruttore.

Il principio termodinamico che sottintendeva a questo modo di fare era il seguente: io il mio livello di progetto l'ho sviluppato e tu pubblica amministrazione mi paghi, ma se poi l'opera rovina per colpa del calcolo, la responsabilita' e' di quello che viene dopo: costui infatti doveva riprogettare tutto con piu' dettaglio, o quanto meno controllare che tutto fosse correttamente calcolato e previsto.

Per dirla col mio collega Sandro, l'intelligenza che cosi' si dimostrava e' propria dell'anello mancante nella scala evolutiva dell'homo sapiens sapiens.

E questo modo di fare ovviamente non fa onore a chi ha tanto studiato. (Devo dire che per un po' ha blandito anche il sottoscritto.)

Il nuovo Regolamento per fortuna fa chiarezza sulle questioni attinenti alla progettazione. (Strano)

Leggendo il nuovo articolato par di capire che il progetto e' unico e che viaggiando in questa catena di montaggio che lo porta dal livello preliminare, passando per il livello definitivo, sino al livello esecutivo, non va ripensato integralmente con maggior dettaglio, bensi' va integrato, i-n-t-e-g-r-a-t-o, con quelle 'cose' che non valeva la pena di mettere alla scala di livello precedente.

Ecco: forse la nuova immagine che dobbiamo darci della progettazione su tre livelli di un'opera pubblica, e' proprio quella di un progressivo cambio di lente d'ingrandimento, dove ad ogni cambio non viene ricreato il tutto, ma solo si vedono maggiori dettagli.

Ergo? Come deve svilupparsi un progetto di strutture?

Una possibile idea.

Nel progetto preliminare, di strutture non c'e' nulla; pero' vi e' la destinazione d'uso e tutti gli aspetti funzionali. E' qui allora che il progettista definira' le sue azioni, i materiali, le regole tecniche e le norme da applicare.

Nel progetto definitivo, invece, verra' scelto il sistema strutturale resistente: telai piuttosto che setti, plinti piuttosto che platee. E qui verranno pure definite tutte le situazioni di progetto, la scelta del modello di calcolo e fatta l'analisi strutturale. Qui infine si decideranno immutevolmente le sezioni, i ferri d'armatura, gli spessori, la geometria.

Nel progetto esecutivo, infine, si metteranno tutte quelle cose che avrebbero dato solo disturbo se presentate al livello precedente. Quali i dettagli dei collegamenti (chi decide il numero e tipo di bulloni nei Vs. progetti? le lunghezze e gli spessori delle saldature?), l'ordine di esecuzione delle lavorazioni, le particolari prescrizioni esecutive da scrivere nel capitolato speciale, i controlli cui soggiaceranno certe opere.

Un'idea per una rivoluzione copernicana. Sempre sperando che questa terza versione del Regolamento (la prima risale al 1895) sia quella buona.


POA ED IL MAGICO ALVERMAN
Avevo sei anni e come tutti i bambini oggi cinquantenni non me ne perdevo una puntata. Ardevo dalla voglia che questo dispettoso  folletto venisse catturato e ne fosse svelato ogni mistero.

Solo che persi l'ultima puntata.

Un trauma. Ancora oggi. Secondo solo all'esame di Calcolo Automatico delle Strutture.

Ma questo e' un incipit scherzoso per dirvi che ho scoperto la fonte della verita', l'acqua celestina, la Via, la Vita.

Insomma, una lettura che una volta... ehm... letta, vi fara' capire tutto quel che c'e' da capire sugli spettri di risposta.
Senza stress al cerebro.

Il testo e' in inglese e - tempo permettendo - verra' tradotto a puntate qui alle Officine.

Non perdetevele: vorrei fosse un (amorevole) regalo ai lettori di POA.

Vi anticipo solo titolo ed abstract. Autore solo all'ultima puntata, per suspance. (Come per Alverman)

"Tecniche di analisi spettrale nell'ingegneria sismica
[Nell'articolo, N.d.R.] Vengono definiti parecchi tipi di spettri di risposta in uso nei problemi ingegneria sismica e vengono date le relazioni tra questi spettri ed altre grandezze fondamentali quali il metodo energetico ed il metodo dei coefficienti sismici. Viene presentato l'impiego dello spettro di risposta per evidenziare importanti caratteristiche dei terremoti, nonche' viene illustrato mediante dati sperimentali il ruolo dello spettro di risposta nello stabilire i coefficienti sismici per lo studio del comportamento delle strutture. Vengono confrontate varie tecniche per ricavare gli spettri di risposta e viene brevemente descritto un analizzatore elettrico analogico di spettro."

Un unico indizio: l'articolo e' stato presentato alla prima conferenza mondiale di ingegneria sismica, tenutasi a Berkeley in California, nel lontano 1956.

Pionieri. Conviene riandare al loro pensiero, no?

^  ^  ^ 
Molto bene.

Caffe' e post terminato. Spero di lasciarvi con qualche buona 'pulce' in piu' e magari... con una piccola curiosita'.

Ma come sempre, con un augurio di quindici giorni di proficuo lavoro.
Vs. POA  

[138°] THE THREE LEVELS IN PROJECTING ACTIVITY OF A PUBLIC WORK AND THEIR AMBIGUITY. 
No english version for this post... sorry.