sabato 4 maggio 2013

[163°] LA SENTENZA N. 380/12 DEL TRIBUNALE DI L'AQUILA (6a e ultima puntata)

IL PROCESSO ALLA COMMISSIONE GRANDI RISCHI
6a e ultima puntata:  L'epilogo

Il giudizio processuale segue evidentemente delle regole scientifiche e delle prassi ineludibili.

A questo punto delle motivazioni, infatti, tocca far vedere:  
A) quale sarebbe stato il comportamento alternativo lecito,  
B) stabilire se vi fosse stato un concorso di (altre) cause per l'evento dannoso e se queste da sole avessero potuto risultare cause sufficienti,  
C) stabilire il perimetro per riconoscere la cooperazione colposa degli imputati tra di loro.

Il punto A) mi pare, per chi sia giunto sin qui, una legittima aspettativa.

Il punto B) e' una porta aperta per uscire dal processo sani e salvi, perche' il fatto non sussiste.

Il punto C) serve invece a capire se e chi tra gli imputati riuscira' a passare indenne tra le maglie processuali, una volta stabilito che almeno un colpevole ci sara'.

Apro una parentesi. Consiglio vivamente la lettura diretta della sentenza con riguardo al punto C) (da pagina 739 a pagina 747) a tutti coloro che a vario titolo fanno parte di commissioni: c'e' molto materiale su cui riflettere (e per cui sinceramente spaventarsi). Chiusa parentesi.

Ma cominciamo con A): il comportamento alternativo lecito.

"Occorre individuare, pertanto, quale sarebbe stato nel caso di specie il comportamento dovuto che gli imputati non hanno posto in essere e che, se avessero posto in essere, avrebbe evitato la lesione dei beni protetti dalle fattispecie contestate." (cfr. a pag. 682).

Il giudice parla di se' in terza persona...

"Questo giudice, nell’affrontare il delicato tema introdotto, non pretende di essere un sismologo o un operatore di protezione civile migliore degli imputati, che nel campo della sismologia e della protezione civile rappresentano le migliori professionalità scientifiche a livello nazionale.
L’intento di questo giudice, nel caso di specie, è, più modestamente e più realisticamente, quello di individuare quella forma metodologica di comportamento che gli imputati avrebbero dovuto osservare e che, se avessero osservato, avrebbe evitato la concretizzazione del rischio nell’evento di danno contestato nel capo di imputazione." (cfr. a pag. 682).

L'incipit pare modesto, ma il seguito assomiglia al getto di una fiamma nello scatolone dei bengala... (cfr. a pag. 683 e segg., il giudice parlando della Commissione Grandi Rischi):

"Sapere che le stime di occorrenza di un terremoto, di magnitudo pari o maggiore a 5.5 o a 5.9, indicavano la zona di L’Aquila come una di quelle a più elevata probabilità (...) e non sottoporre tale -sapere- alla valutazione di tutti i componenti della Commissione, nella sede deputata in data 31.3.09, equivale alla morte del sapere."

"Sapere che nella città di L’Aquila, su n. 752 edifici in muratura sottoposti a verifica, n. 555 rientravano nella fascia di vulnerabilità medio – alta, in quanto presentavano “muratura di cattiva qualità con orizzontamenti deformabili o con orizzontamenti rigidi”, come è scritto nel Rapporto Barberi del 1999 (...) e non sottoporre tale “sapere” alla valutazione di tutti i componenti delle Commissione, nella sede deputata in data 31.3.09, equivale alla morte del sapere."

"(...) se solo avessero utilizzato il patrimonio conoscitivo nella loro disponibilità alla data del 31.3.09."

"(...) sarebbe bastato non dire, in tema di prevedibilità dei terremoti: -non è possibile fare previsioni- (...)."

"(...) sarebbe bastato non dire in tema di precursori sismici: (...) -non c’è nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere considerata precursore di un forte evento- (...)."

"(...) sarebbe bastato non dire in tema di evoluzione dello sciame in corso: -questa sequenza sismica non preannuncia niente ma sicuramente focalizza di nuovo l’attenzione su una zona sismogenetica in cui prima o poi un grosso terremoto ci sarà- (...)."

"(...) sarebbe bastato non dire sul fenomeno in corso ed in relazione al tema dello scarico di energia: -non c’è un pericolo, io l’ho detto al Sindaco di Sulmona, la comunità scientifica mi continua a confermare che anzi è una situazione favorevole perciò uno scarico di energia continuo- (...)."

"Al contrario, sarebbe stato sufficiente che, in sede di riunione, ciascuno degli imputati avesse esposto, quale forma metodologica alternativa di comportamento, ciò che sapeva in tema di rischio sismico, storia sismica di L’Aquila, sciame sismico, previsioni probabilistiche, vulnerabilità degli edifici ed esposizione; e sarebbe stato sufficiente che, in sede di riunione, ciascuno degli imputati avesse condiviso, quale forma metodologica alternativa di comportamento, le conoscenze specifiche derivanti dalla propria peculiare formazione ed esperienza professionale, per evitare che le vittime, appresi i contenuti rassicuranti (dall’effetto rassicurante) esposti nel corso della riunione, abbandonassero le misure di cautela personali tradizionalmente seguite." (cfr. a pag. 688).

Insomma cosa e' mancato?

"La composizione collegiale della Commissione Grandi Rischi ed il carattere eterogeneo delle professionalità coinvolte in sede di riunione favorisce, dunque, la -comunione dei saperi-, attuando una modalità operativa che ha l’intento di consentire l’analisi non di uno solo ma di tutti gli indicatori di rischio e di tutte le possibili correlazioni ed implicazioni reciproche.
Nel corso della riunione del 31.3.09, tuttavia, tale comunione dei saperi non si è compiuta.
" (cfr. a pag. 689).

"Nell’ambito dell’organo collegiale riunitosi il 31.3.09, pur se tale organo era composto da elementi di indubbia e comprovata esperienza e capacità professionale nei singoli settori di competenza, non vi era da parte di ciascuno degli imputati una competenza specifica ed assoluta su tutti i temi della discussione. Era necessario, dunque, che, nel corso della riunione, i diversi esperti si confrontassero tra loro e mettessero ciascuno a disposizione di tutti gli altri le proprie specifiche competenze e conoscenze." (cfr. a pag. 693).

"In occasione della riunione del 31.3.09 è mancata un’opera di raccordo e di approfondimento complessivo delle specifiche competenze e dei singoli “saperi”; è mancata, in altri termini, una visione d’insieme e coordinata dei plurimi indicatori di rischio che sono stati, al contrario, trattati in modo lacunoso, semplificato, inefficace e non correlato, quasi che ognuno di essi non avesse interferenze o non comportasse implicazioni per gli altri." (cfr. a pag. 694).

E suona come biasimo:

"Ciò è comprovato anche dalla durata della riunione, un’ora, dalle ore 18.30 alle ore 19.30 del 31.3.09, che appare estremamente esigua (...)." (cfr. a pag. 694).

E passiamo al punto B): il concorso di altre cause per il danno verificatosi.

A pagina 697 si legge:

"L’evento dannoso in esame, la lesione del bene - interesse giuridicamente tutelato che si è verificata il 6.4.09, è evidentemente dipeso da tre diversi fattori che hanno operato congiuntamente:
- la scossa di terremoto delle ore 03.32;
- la vulnerabilità dei singoli edifici nei quali le diverse vittime hanno perso la vita o riportato lesioni;
- la condotta degli imputati dalla quale è dipesa la decisione delle vittime di rimanere in casa la notte a cavallo tra il 5.4.09 ed il 6.4.09 nonostante le scosse delle ore 22.48 e delle ore 00.39.
"

Il giudice afferma con tutta evidenza:

"I tre fattori condizionalistici, separatamente considerati, non sarebbero stati da soli sufficienti a determinare l’evento lesivo: la scossa delle ore 03.32, considerata isolatamente, ossia non preceduta dalla vulnerabilità degli edifici e dalla condotta degli imputati che determinava la permanenza in casa delle vittime, non avrebbe condotto all’evento lesivo; la vulnerabilità degli edifici, valutata in assenza della condotta degli imputati e della scossa di terremoto, non avrebbe prodotto l’evento; la sola condotta degli imputati, seppure connotata dai gravi profili di colpa sopra evidenziati, non avrebbe avuto effetto nel determinismo causale dell’evento lesivo se non fossero intervenuti anche i fattori costituiti dalla scossa di terremoto e dalla vulnerabilità degli edifici." (cfr. a pag. 697 e segg.).

Ma tuttavia non si e' automaticamente salvi ( cfr. a pag. 698):

"Il primo comma dell’art. 41 c.p. stabilisce testualmente: -il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione e l’evento-.
In altri termini la presenza di una concausa preesistente, simultanea o sopravvenuta rispetto a quella in esame, in generale (fatta salva la precisazione del secondo comma dell’art. 41 c.p. che verrà di seguito esaminata) non elide il rapporto di causalità tra l’azione o l’omissione e l’evento, anche se tale concausa sia indipendente dall’azione o dall’omissione del colpevole.
"

Il giudice si chiede allora se le vittime sarebbero state tali anche per le altre due cause, prese separatamente (cfr. a pag. 702):

"Alla luce dell’interpretazione appena fornita dell’art. 41 comma 2 c.p., occorre dunque accertare nel caso di specie se la scossa del terremoto (causa sopravvenuta, indipendente dalla condotta degli imputati) e la vulnerabilità degli edifici (causa preesistente, indipendente dalla condotta degli imputati) abbiano o meno escluso il rapporto di causalità tra la condotta degli imputati e l’evento."

Alla con-causa rappresentata dalla scossa sismica del 6 aprile il giudice fa fronte con le perizie di parte:

"La scossa delle ore 03.32 del 6.4.09 non è stato evento anormale, eccezionale, atipico né in termini assoluti, poiché ogni anno si verificano mediamente 120 terremoti di pari intensità; né in relazione alla storia sismica di L’Aquila, che registrava nel 1349, nel 1461, nel 1703 tre eventi con intensità pari o superiore; né in relazione al periodo medio di ritorno, quantificabile tra 325 e 475 anni; né in relazione alla classificazione sismica e alle caratteristiche sismogenetiche dell’aquilano.
Tali conclusioni, ben argomentate nella consulenza tecnica del P.M. dal titolo -Relazione generale sulle caratteristiche del terremoto del 6 aprile 2009 e sulla sismicità dell’area aquilana-, effettuata dai prof. Luis D. Decanini, Domenico Liberatore e Laura Liberatore, sono condivise in modo pressoché unanime da tutta la comunità scientifica internazionale: -il terremoto del 6 aprile rientra perfettamente nel quadro della sismicità di questa area e non rappresenta pertanto un caso eccezionale-
." (cfr. a pag. 703).

E pertanto:

"Alla luce di tutte le considerazioni svolte nel presente paragrafo si ritiene, dunque, che la scossa del 6.4.09 non costituisce un fatto sopravvenuto integrante una linea di sviluppo del tutto anomala e imprevedibile della condotta antecedente e, pertanto, non è idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta degli imputati e l’evento." (cfr. a pag. 706).

Mentre alla con-causa rappresentata dalla vulnerabilita' degli edifici:

"Occorre ora verificare se l’intrinseca vulnerabilità dei quattordici edifici in cui perirono le vittime indicate nel capo di imputazione, causa preesistente ed indipendente dalla condotta colpevole, costituisca circostanza anomala e imprevedibile, realizzatasi al di fuori di qualunque possibilità di controllo da parte degli imputati, da considerarsi, quindi, fattore concausale anormale o eccezionale, come tale sufficiente, da solo, a costituire unica causa dell’evento lesivo e idoneo ad interrompere il collegamento concausale tra l’evento e la condotta degli imputati." (cfr. a pag. 706).

"La risposta è negativa anche in questo caso."

Perche':

"Gli imputati, infatti, conoscevano bene tali profili, e altrettanto bene potevano prevederli, atteso che contro di essi “da anni stavano lottando” come ricordato dal prof. DE BERNARDINIS nell’intervista resa al termine della riunione.
Si ritiene, dunque, che per gli imputati, sulla base delle loro conoscenze e della loro esperienza alla data del 31.3.09, i fattori costituiti da:
- gli errori di calcolo e di progetto in cui erano incorsi o in cui avrebbero potuto incorrere i progettisti originari degli immobili in cemento armato indicati nell’imputazione, tutti progettati e costruiti tra il 1950 e il 1965 ossia in un’epoca in cui per la progettazione si usavano, ad esempio, il pennino bagnato nell’inchiostro di china, la riga e la squadra e il regolo calcolatore e non certamente il computer e gli attuali software;
- l’utilizzo di materiali di scarsa qualità, con impiego di tecniche costruttive artigianali o comunque non paragonabili a quelle attuali;
- gli interventi di modifica o di manutenzione negligente;
- la mancata effettuazione di utili opere di rafforzamento statico su immobili in muratura costruiti tra il 1700 e inizio ‘900;
- la scarsa consapevolezza, nelle epoche in questione, del rischio sismico e della necessità di approntare idonee cautele pur costituendo gravi violazioni alle norme di diligenza, di prudenza e di perizia costruttiva e gravi violazioni alla normativa antisismica all’epoca vigente tali da integrare, in capo ai loro autori, il fatto illecito altrui, non rappresentavano fattori di assoluta imprevedibilità.
Tali fattori non erano, dunque, idonei ad interrompere il nesso causale ai sensi dell’art. 41 comma 3 c.p.
" (cfr. a pag. 715).

Ma anche in questa puntata c'e' un colpo di scena... per gli ingegneri, stavolta.

A L'Aquila il PGA massimo e' stato pari a 0,626g  registrato alla stazione sismografica denominata AQV in direzione E-W, mentre la norma sismica allora vigente assegnava alla citta' una classe accelerometrica con PGA massimo pari a 0,25g.

Come e' possibile allora affermare a pag. 706 che "la scossa del 6.4.09 non costituisce un fatto sopravvenuto integrante una linea di sviluppo del tutto anomala e imprevedibile della condotta antecedente e, pertanto, non è idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta degli imputati e l’evento."?

Panic.

La risposta sta a pag. 726 e segg.:

"(...) i valori di accelerazione indicati nella vigente normativa antisismica non sono valori di picco ma sono valori efficaci: tali valori efficaci non derivano da una semplice registrazione strumentale dei picchi di accelerazione del sisma, ma scaturiscono da più articolate analisi di pericolosità sismica. Il valore di accelerazione indicato nella vigente normativa antisismica (0,25g) non è un valore puramente strumentale dei segnali accelerometrici, ma deriva da una analisi probabilistica della pericolosità.
Per questi motivi, il valore che consente di determinare in modo più appropriato l’accelerazione della scossa di terremoto delle ore 03.32 del 6.4.09 è l’E.P.A. (Effective Peak Acceleration) ovvero l’accelerazione effcace di picco, che indica il valore medio dei valori spettrali di accelerazione."

"(...) Il valore medio dell’EPA(1) relativo alle due stazioni AQK e AQU è:
EPA(1)= 0.208 g (pari al 83% del valore di normativa)
Considerando tutte le registrazioni (...) , si ottiene il seguente valore medio dell’EPA:
EPA(2)= 0.307 g (pari al 123% del valore di normativa)
Tuttavia, poiché le registrazioni della stazione AQV potrebbero essere state infuenzate da effetti locali ed essendo la stazione stessa abbastanza distante dal centro dell’Aquila, si ritiene opportuno indicare anche un altro valore medio dell’EPA (...), ottenuto eliminando i valori di accelerazione della stazione AQV:
EPA(3)= 0.262 g (pari al 105% del valore di normativa)
Il valore corrispondente alle diverse normative (1937, 1962, 1975. 1996) EPA(n) si può stimare mediante la seguente relazione:
EPA(n) = (C * K * R) / 2,5 = (0.07 * 2.25 * 4) / 2,5 = 0.25 g
In definitiva i valori più realistici sono, EPA(1) e EPA(3), sono paragonabili al valore normativo EPA(n).
I consulenti, pertanto, hanno ritenuto di concludere, per quanto concerne il dato relativo alle accelerazioni, nel senso che la scossa delle ore 03.32 del 6.4.09 ha avuto un’intensità esprimibile in termini di forze compatibile alla previsione normativa (...)
".

Confesso (vergognoso) stupore... ed ignoranza.

Ed infine il famigerato criterio di cooperazione nel delitto colposo, il nostro punto C) di apertura puntata.

Il giudice insegna:

"Tre sono, dunque, gli elementi che caratterizzano la cooperazione colposa:
- la presenza di più soggetti e la consapevolezza in capo a ciascun soggetto di agire insieme agli altri nella medesima direzione, contribuendo così a cagionare l’evento non voluto;
- la violazione della regola cautelare;
- -il dovere di agire tenendo conto del ruolo e della condotta altrui-.
" (cfr. a pag. 744).

"Affinchè possa ravvisarsi la cooperazione penalmente rilevante tra le condotte dei singoli soggetti agenti, occorre un legame di tipo psicologico che consiste nella consapevolezza di operare con gli altri. Tale consapevolezza, che implica per il soggetto agente il dovere di agire tenendo conto del ruolo e della condotta degli altri, non deve estendersi sino a cogliere il carattere colposo dell’altrui condotta.
Per giustificare l’estensione dell’area della punibilità a condotte atipiche o di semplice partecipazione, occorre che il coinvolgimento di più soggetti sia imposto dalla legge o da esigenze organizzative connesse alla gestione del rischio.
La condotta contestata agli imputati, posta in essere il 31.3.09, corrisponde esattamente al modello delineato dalla giurisprudenza di legittimità.
" (cfr. a pag. 745).

Ecco perche' non si puo' salvare nemmeno il Prof. Eva:

"Alla luce delle considerazioni che precedono deve osservarsi che non risultano fondate quelle argomentazioni difensive, in particolare quelle brillantemente esposte nel corso della discussione finale, anche in modo appassionato e emotivamente coinvolgente, dall’avv. Biondi per il suo assistito EVA Claudio, che mirano a scindere la posizione del singolo imputato da quella degli altri cooperanti. Tali argomentazioni si fondano su un presupposto che nega qualunque rilievo giuridico ai canoni dell’art. 113 c.p. secondo quella che è l’interpretazione della giurisprudenza di legittimità sopra esposta: le argomentazioni difensive tendono a basarsi sul principio che ciascuno risponde esclusivamente “di quello che ha fatto” o “di quello che ha detto”, a prescindere dalla condotta altrui, configurando la posizione degli imputati alla stregua di incomunicabili -monadi- leibniziane." (cfr. a pag. 746 e segg.).

E cosi' si chiudono le motivazioni di una sentenza (di primo grado) che esige rispetto per la assoluta tragicita' degli antefatti e per il peso opprimente dei successivi sviluppi:

"Le considerazioni svolte sui profili di colpa della condotta ed in tema di nesso causale consentono di affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, la sussistenza della responsabilità penale degli imputati BARBERI Franco, DE BERNARDINIS Bernardo, BOSCHI Enzo, SELVAGGI Giulio, CALVI Gian Michele, EVA Claudio e DOLCE Mauro per il reato di omicidio colposo plurimo, limitatamente al decesso di [seguono i nomi di 29 vittime del terremoto, N.d.POA] e per il reato di lesioni colpose plurime, limitatamente alle posizioni di [seguono i nomi di 4 feriti dal terremoto, N.d.POA] (...) pervenendo alla pena, ritenuta equa, di sei anni di reclusione per ciascuno degli imputati." (cfr. a pag. 751).

Oltre i prematuri giudizi di tutti coloro che evidentemente non avevano letto alcunche'.

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A presto.
Vs. POA

Note redazionali:

 Segnalazioni dell'amico Marco Torricelli:

La foto di testa e' di Giorgio !

[ 163°] ITALIAN SCIENTISTS SENTENCED TO SIX YEAR IN PRISON FOR EARTHQUAKE FORECAST (6th part, final)
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